Senza un anno di eventi ci giochiamo 200 miliardi?
È il rischio per il paese se non si risolve il distanziamento delle masse.
Il titolo avrà raccolto la vostra attenzione, ma vi renderete conto ben presto, già con le prime stime, che non si è troppo lontani dalla realtà se inquadriamo il settore parlando la stessa lingua.
Lo scopo di questo articolo è quello di far comprendere ai lettori l’importanza della valutazione dell’esistente, quello che si dà per scontato (che tanto scontato non è), il suo peso, il rischio della sua perdita per il tessuto di un’economia locale, da moltiplicare tot volte.
Importanza, che deve essere sfuggita anche alla task force di Vittorio Colao: nelle 122 pagine della proposta del team dell’8 giugno 2020, composta da 102 proposte strategiche per l’economia italiana, non si trova un cenno sul fronte dell’industria degli eventi. L’assenza di una vera e solida rappresentanza di categoria potrebbe essere il primo vero problema che lascia l’argomento abbandonato, ben più marginalmente, rispetto a quello turistico. Se il turismo è il settore a maggiore sofferenza nel breve e medio termine, a livello globale sia inteso, da questa crisi da Covid-19, l’area degli eventi, soprattutto di massa, è da considerarsi annientato! Eppure gli eventi – nella loro multidisciplinarietà – incidono su vari settori, eterogenei fra loro, ma strettamente collegati: turismo, commercio, artigianato, sociale, le industrie (matrimoni, congressi, intrattenimenti, grandi eventi musicali o sportivi, impiantistiche varie, etc.) e, spesso, questi salvano i bilanci dei territori che li ospitano.
Ma, del resto, l’assenza dell’argomento eventi su tutte le agende non è un fatto nuovo, anzi. Da tempo si registra una evidente sottovalutazione del fenomeno, a partire dalla misurazione del PIL generato da un evento o un intervento, a partire dalla comprensione del R.O.I. (return on investment) generato da quella spesa.
Nel periodo delle vacche grasse, Istituzioni, operatori, associazioni ed altri organismi non fanno caso all’impatto generato dalla presenza di una Università, un ospedale, un aeroporto. Ma alla loro chiusura forzata si contano i danni diretti ed indiretti, svaniscono le nostre certezze e si pensa a come ricostruire l’imprevedibile “perduto”, lentamente.
La stessa cosa accade per il mondo degli eventi la cui assenza, per quasi tutto il 2020, potrebbe avere riflessi importanti sugli operatori come, per le loro finalità, verso le comunità o le mission di natura filantropico-sociale, ambientale o semplicemente di valorizzazione mediatica di un territorio, prodotto o brand.
Le politiche delle Istituzioni sono state poco protettive e lo si vede anche oggi. Più orientate verso nuovi flussi che alla difesa del valore esistente, di cui spesso non si percepisce la misura; di fatto si pensa ad aggiungere valore dimenticandosi della protezione dell’esistente. Come quando si pensa più alle inaugurazioni piuttosto che alle manutenzioni.
La fotografia seguente non può fare a meno di ricordare che consideriamo quanto avvenuto, da inizio marzo 2020 in Italia con il lockdown, i provvedimenti governativi resi operativi con le ordinanze regionali ed i continui aggiornamenti sul fronte del distanziamento fisico, oltre che ai protocolli da adottare per una ripartenza, in scala ridotta degli eventi che non potranno essere di massa per vari mesi. Probabilmente fino a fine 2020, o inizio 2021, entrando nelle economie anche della bassa stagionalità.
Sì perché, essendo in questo momento un po’ tutti concentrati a salvare il presente con la stagione estiva, gli eventi hanno quello stesso “vizietto” del turismo, chiamato programmazione (da svolgersi almeno nei 6/12 mesi precedenti) che porta, oggi, alla cancellazione di importanti e consolidati appuntamenti nazionali ed internazionali di fine anno (congressi, fiere, eventi sportivi di massa, etc.) costretti a ragionare attualizzando lo stato sanitario e giuridico del giugno 2020, senza avere le idee chiare della situazione che troveremo fra 6 mesi. Giustamente, gli operatori hanno l’esigenza immediata della loro sopravvivenza rispetto ad alzare lo sguardo al periodo autunno-inverno, ma tant’è, ne vedremo gli effetti fra 4/8 mesi. Procediamo con i settori.
Matrimoni
L’intero settore genera 40 miliardi di ricchezza prodotta da circa 200.000 eventi (fonte: Ansa, 15 aprile 2020). Il matrimonio coinvolge varie professionalità della filiera: il pianificatore/coordinatore – wedding planner, i fotografi, ristoranti e/o catering, cameramen, agenzie viaggi, trasporti, vestiti degli sposi ed invitati, tensostrutture ed altre logistiche, liste di nozze e services a vari livelli. Hanno rinunciato pressoché tutte le coppie, con il rinvio delle celebrazioni (e dei viaggi di nozze) al 2021. Un sacrificio necessario per non perdere la bellezza del giorno più sognato della propria vita. Se per gli italiani il viaggio è soprattutto oltre frontiera, non si può dimenticare il crescente movimento del matrimonio in Italia di decine di migliaia di stranieri ogni anno. Affascinati da location incantevoli, sia paesaggisticamente che nelle città d’arte, con quel desiderio di vivere l’evento “all’italiana” con professionisti locali. Un business di lusso che ha forti incidenze territoriali attraendo coppie dal Nord Europa, dalla Russia, dal Nord America e nei mesi precedenti il lockdown dall’Asia. Il settore è composto da 83.000 aziende per circa un milione di lavoratori.
Concerti
“Un estate senza concerti vale un miliardo di euro” recita un recente articolo su Il Secolo XIX, ma a questa affermazione vanno aggiunte altre due considerazioni: l’indotto commerciale generato negli altri settori ed il periodo successivo, quello dei concerti indoor nei palazzetti e teatri nel periodo autunno-invernale. Per capire meglio l’effetto di una kermesse musicale sul mondo della ricettività, ristorazione, gadgettistica, trasporti, etc. ci viene incontro l’analisi svolta un anno fa dal Centro Studi Turistici sull’impatto del Firenze Festival Rock edizione 2018. La stima è stata pari a 36,5 milioni di euro di cui 29 nell’area fiorentina ed oltre 7 milioni nel resto della Toscana. Anche il Lucca Summer Festival raggiunge i 29 milioni di euro di indotto (ovviamente contano gli artisti nel calendario. Se arrivano i Rolling Stones le stime si alzano). E questi sono due soli esempi di calendari estivi.
MICE
È il settore dei meeting aziendali, fiere, incentive e congressi. Un settore che ha visto la recente costituzione consortile in “ItaliaLive”, con la maggior parte degli eventi musicali e culturali indoor (che completano il discorso sui concerti outdoor estivi di cui sopra). Secondo una ricerca dell’OICE del 2018 siamo di fronte ad un settore che raccoglie un milione di eventi, che coinvolge 600.000 professionisti intervenendo sul PIL nazionale per 36,2 miliardi (per un indotto extra settoriale in altri settori per 65,5 miliardi, ricettività e ristorazione comprese). Non poco.
Enogastronomia
Anche questo è un settore di difficile valorizzazione, ma già secondo WineNews l’assenza degli eventi di massa legati all’enogastronomia porterà ad una perdita del settore turistico per circa 900 milioni di euro durante l’estate. Feste del gusto, del pesce, calici del vino sotto le stelle, sagre e migliaia di piccole e grandi occasioni per degustare i prodotti del nostro paese ed acquistare pezzi dei nostri territori da portare sulle tavole di casa fanno pensare a numeri ben più grandi, non ancora ben determinati. Siamo di fronte a forti motivazioni per generare spostamenti. A fronte di migliaia di appassionati del buon vino e della buona cucina da gustare in quei territori, porrei l’accento su due fenomeni. La nascita del turismo (in generale) nelle Langhe e Monferrato in risposta alla crisi del vino al metanolo negli anni ’80 portando soprattutto tedeschi nei luoghi dove nascono pregiati vini. Quel rapporto tra prodotto di qualità che genera il desiderio di vivere il territorio con le sue aziende e la genuinità delle persone protagoniste del “miracolo”. E l’attenzione particolare della generazione dei Millennials verso i birrifici artigianali sparsi nel paese. Insomma, un mondo immenso ancora tutto da scoprire, decifrare e quantificare per una nuova sfida accademica.
Bassa stagionalità
L’attenzione in questo periodo è, giustamente, orientata sul “salvataggio della stagione estiva”. Si opera prevalentemente vivendo alla giornata, con tanta incertezza nel volgere l’attenzione anche un attimo verso il futuro immediato. Un po’ per le paure di un virus non ancora debellato e/o per paura di un suo ritorno. Un po’ per concentrare le risorse, a partire dal fattore tempo, nell’immediato. In questo contesto è bene già evidenziare che a rischio sono quasi tutti gli eventi che offrivano abbondante ossigeno nella bassa stagione. Intendo quella che andava dall’autunno all’inverno con eventi non solo indoor come le grandi fiere e mostre, le maratone più importanti, concerti e campionati nei palazzetti, le partite a porte chiuse. Questi sono solo alcuni tra gli esempi più eclatanti con i quali fare i conti, prima o poi.
Sport Attivo-amatoriale
Il settore sportivo è ampio ed è composto da due tipi di eventi: quelli passivi, dove si partecipa come spettatori (partite di calcio, gran premi di Formula1, MotoGP, Tennis, etc.) e ciò richiede una spesa giornaliera importante se in trasferta, fino alla partecipazione come attori protagonisti dell’evento (maratone, granfondo di ciclismo, impianti sciistici, corsi/gare di vela e windsurf, gare a marchio IronMan di triathlon, sci di fondo, etc.). Restiamo in questa seconda area. Alcuni numeri solo nel settore running (inteso come corse su strada o fuoristrada coi trail di massa): senza scomodare troppo la New York City Marathon con il suo indotto da mezzo miliardo di dollari (e si parla di un solo evento!), nel recente passato sono state costruite interessanti stime sugli appuntamenti ormai consolidati. La maratona di Roma creava un indotto da 40 milioni di euro (fonte: Comune di Roma), la maratona di Venezia oltre 8 milioni (fonte: Camera di Commercio di Venezia, 2010) e così via fino all’unico vero grande prodotto turistico sviluppato dal sottoscritto (dal 2003 al 2019) come la maratona di Pisa per circa 3/3,5 milioni nella bassa stagionalità (a dicembre). In Italia ogni anno si organizzano circa 10.000 eventi solo di corsa in tutte le province. Estendendola poi alle altre specialità, è facile comprendere come i numeri diventino importanti. Milioni di persone che si muovono in nome della propria passione, che sia la scherma, il canottaggio o il karatè, tutti produciamo indotto in nome di una motivazione (quella gara, spesso un campionato regionale, nazionale, internazionale o semplicemente appuntamento classico imperdibile). Chi partecipa agli eventi turistici si iscrive (spesso pagando quote d’iscrizione dai 40/50 euro fino ad oltre 500), viaggia in aereo o auto con familiari al seguito per una o più notti cogliendo l’occasione di visitare una località in nome di quello specifico evento. Mangia, fa il pieno di carburante, va al bar, si ferma nei negozi, compra gadget e ricordi, festeggia, va nei musei, etc. Se provenienti dall’estero diventa occasione per farsi anche una settimana di vacanza, cosa mai remota in nome della vocazione della località italiana che lo/la ospita. Questo per gli eventi dove l’attore protagonista è il partecipante che esprime in quella gara mesi di allenamenti sognando la destinazione e l’esito finale della sfida personale.
Altre stime. La Granfondo di ciclismo Marathon des Dolomites, secondo la destinazione Alto Adige, genera 12 milioni di euro di indotto. La Barcolana di Trieste, la più importante manifestazione popolare di vela, secondo “Il Piccolo” genera ben 71,5 milioni di euro di indotto. Eppoi l’Eroica kermesse di bici in stile vintage nelle strade bianche del senese, IronMan Cervia di triathlon (ormai il week-end più partecipato al mondo con il marchio IM), la Marcialonga di sci di fondo, il Tor des Geants per gli appassionati di trail running e tanti altri grandi eventi …
Numeri importanti da moltiplicare per le migliaia di altri eventi di varie dimensioni. Spesso sono specialità dove l’amatore (master, veterano o age-group) è iscritto alla stessa gara dell’atleta professionista. Cosa non applicabile in altri sport, specie in quelli di squadra. Il rischio che correva già il nostro paese prima del Coronavirus era dato dagli ostacoli burocratici e normativi, sia verso gli stranieri (sulla certificazione medica e tesseramenti obbligatori in Italia ma assenti nei loro paesi) che verso gli italiani sempre più in fuga verso eventi stranieri più facili da organizzare anche da un punto di vista di autorizzazioni. Sarà argomento delicato da trattare nei prossimi mesi e serviranno i territori con le loro governance al fianco degli organizzatori per salvare questi prodotti, oggi fortemente penalizzati.
Sport professionistico
Il settore è capace di catalizzare milioni di appassionati negli stadi, negli autodromi, nelle piste, negli specchi di acqua e lungo le strade e sentieri. Dalla finale di Champions League a Milano del 2016 (26 milioni di euro di indotto secondo “Calcio e Finanza”) alle singole partite di serie A, B, C ed altre categorie, gare di altri sport, il Gran Premio di Formula 1 a Monza, il MotoGP al Mugello ed Imola, l’Italia Open di tennis al Foro Italico, il Giro d’Italia e decine di migliaia di altri eventi di varie dimensioni. Non è facile però portare un numero complessivo in assenza di analisi delle varie Federazioni ma rileviamo alcune stime.
Secondo FederTennis gli Internazionali di Roma generano 67,3 milioni di euro (120-150 milioni è il valore di mercato, secondo “Il Sole 24 Ore”). Il Giro d’Italia di bici professionisti, ormai centenario, ‘lascia’ sul territorio attraversato, da 1,5 a 3 milioni di euro a seconda della tappa, se location di partenza o di arrivo. In questo caso è il territorio stesso (inteso come Comune, Destinazione o Regione) a investire, minimo da 100/200.000 euro fino a qualche milione pur di rendere protagonisti i propri luoghi e bellezze per uno o più giorni. Gli inizi di alcune edizioni del “Giro”, per più tappe, quando in Olanda, Israele, Sardegna o Irlanda, non avvengono assolutamente per simpatia o per scopi filantropici… Anche il settore motoristico è interessante. Il GP di Formula1 a Monza genera circa 50 milioni di euro (per metà in entrate dirette, il resto in indotto territoriale) secondo la CCIAA di Monza e Brianza. Ancor più illuminante la stima sull’Autodromo del Mugello che genera 130 milioni di euro per tutto l’anno (dal MotoGP a tutti gli altri eventi e/o utilizzi dell’impianto) offrendo occupazione a ben 675 persone! Ritornando in ambito calcistico, le partite di cartello delle grandi squadre nei loro stadi (Juventus, Milan, Inter, Napoli, Roma, Lazio, etc) possono arrivare a superare i 4/5 milioni di euro solo in biglietti ai quali aggiungere i consumi diretti sul territorio. Interessante anche conoscere l’interesse delle località di montagna, soprattutto quelle del Trentino, che investono risorse (e mettendo a disposizione i propri impianti sportivi) per ospitare la preparazione estiva delle prime squadre fino alle giovanili e garantirsi l’impatto delle tifoserie più calde che potranno così soggiornare per varie settimane (di solito 2 o 3) grazie alla ‘motivazione’ dell’appartenenza a quel club e quei colori. Per quella motivazione, io tifoso, organizzo la mia settimana, mi godo il paesaggio, acquisto corsi di parapendio o escursioni per i sentieri con degustazioni e la sera vado ad assistere alla preparazione dei miei beniamini ed alle loro partitelle. Ad esempio “Trentino Marketing”, società pubblica, investe ogni anno 742.000 euro per ospitare nella propria provincia autonoma vari club di serie A, B e C. La tifoseria del Napoli può garantire 38.000 presenze mentre quelle di Roma ed Inter circa 32.000. Secondo Eurac di Bolzano (2015) il ritiro dell’Inter a Riscone di Brunico ha generato oltre 11 milioni di euro di indotto nelle settimane di preparazione estiva. E non si parla di gare ma solo di un treno di passione a fianco di una squadra ad inizio stagione (nell’attesa della vera competizione). Nel suo piccolo, il Pisa Sporting Club, grazie all’enorme fede dei tifosi nerazzurri, sfiorava il milione di euro ogni anno a Storo, sia come società di serie C che oggi in serie B.
Turismo Sportivo
C’è da considerare, oltre alle due forme di cui sopra, che il turismo sportivo in Francia supera ormai da quasi 20 anni il 35% del totale del suo turismo generale. Sia come spettatori di grandi eventi che come protagonisti di eventi di massa o semplicemente per praticare attività motoria individualmente o in gruppi (con gli sci, la barca a vela o il cavallo). Anche dimezzando tale quota per il nostro paese (in via estremamente riduttiva, converrete con me) il 17,5% del 13% del PIL nazionale generato dal turismo sono circa 40 miliardi. A cui aggiungere il riflesso commerciale da parte di chi si fa la settimana bianca in una delle tanti località sciistiche del nostro paese o una settimana di stage e raduno (sia per fare trekking che per vedere la propria squadra del cuore in ritiro). Pertanto la cifra può pure raddoppiare fino a 80, senza andare troppo lontano in nome di una motivazione di natura sportiva, collegata spesso a grandi eventi.
Eventi e Turismo in generale
Lo scorso 7 giugno, secondo Events&Live Industry (#Italialive), il settore degli eventi e del turismo organizzato in Italia tramite tour operator, agenzie organizzatrici di eventi, congressi e fiere, racchiude 13 mila aziende in grado di generare 20 miliardi di fatturato e 80 mila addetti diretti, per un indotto complessivo di 85 miliardi di euro e 650 mila posti di lavoro. Con il 40% di utilizzo delle strutture alberghiere, il comparto degli eventi costituiva il vero motore del turismo italiano, settore che con i suoi 232,2 miliardi di euro rappresentava il 13% del Pil nazionale e il 15% della forza lavoro. Numeri da incrementare se consideriamo poi l’incidenza sulla ristorazione, il commercio, i servizi, trasporti, etc.. Sono però numeri del passato che avremmo dovuto imparare a verificare e gestire, farli sempre più nostri, correggerli, in presenza di un ‘vuoto’ analitico (un giorno dovremo spiegarci il perché) anche se ormai parliamo di un’industria spazzata via dal Coronavirus e non pienamente ancora sostenuta degnamente. Purtroppo, quando ce ne renderemo conto, non sarà come riaccendere un interruttore. Anche in questo caso ci vorranno anni per provare a rientrare adeguatamente sul mercato ai tempi pre Covid-19.
L’importanza per Istituzioni e territori
Le Istituzioni, gli Operatoti, le governance dei territori, dovranno sempre più misurare il “rischio di perdita”. Dalla chiusura di un museo, di una scuola fino alla rinuncia di un evento. Pensate ad un inverno a Viareggio senza il suo carnevale. Ad inizio 2020 CNA Turismo aveva stimato un indotto da 60 milioni di euro diretto (120 milioni di indotto). Forse sovrastimato secondo alcuni addetti ai lavori, ma se fosse un’analisi giusta? Il lockdown ha interrotto il carnevale nella sua ultima settimana e tutto sommato è uno dei pochi eventi di massa svoltisi nel 2020. Ma per fine ottobre è in programma in zona il Lucca Comics&Games. Quasi 800.000 biglietti staccati nel 2019. Evento che arricchisce non solo la città delle mura ma anche le città limitrofe. Mi diverto spesso a raccontare che “a Pisa la bassa stagione inizia il giorno dopo Lucca Comics&Games”. Evento capace di riempire le strutture delle città vicine (arricchendo anche quei Comuni di tassa di soggiorno a sforzo e stress pari a zero). Secondo il suo General Director Emanuele Vietina della società partecipata comunale Lucca Crea, intervistato da Marco Montemagno, l’indotto cittadino generato dall’evento è pari al bilancio comunale (si parla di circa 80/90 milioni di euro). A cui aggiungere l’indotto nelle città vicine. Ecco, Lucca e città vicine quanto perderanno, qualora non si dovesse organizzare l’evento, il prossimo fine ottobre? Questo dopo aver perduto il Lucca Summer Festival. Ho fatto solo l’esempio di una città, che avrà poi altre centinaia di eventi, medi e piccoli. Ma se tutte le città, i borghi, debbono affrontare questa situazione, quant’è la perdita del settore delle fiere all’aperto, mostre mercato, carnevali, i tanti palii e feste patronali con le loro rievocazioni storiche, sia sul fronte turistico che commerciale?
Riassumendo
Siamo ancora nell’era pionieristica di un’industria che non sa ancora di esistere e valere. Abbiamo dato un po’ di numeri, mescolando le mele (eventi) con i kiwi (turismo) e le banane (commercio ed altre filiere), ma attorno agli eventi avete visto le imponenti economie che vi girano intorno in aziende, professionisti e dipendenti oltreché le ricadute territoriali? Abbiamo quasi sempre l’intervento diretto del privato, raramente del settore pubblico. Perché il settore pubblico non inizia a considerare esempi virtuosi come quello di Lucca con Lucca Crea”per arricchire la propria comunità (ed i propri bilanci)?
Avete tenuto il conto? 40 miliardi (dai matrimoni), 85 miliardi (il MICE con fiere e concerti indoor ai quali aggiungere gli effetti sul commercio, ristorazione, trasporti, etc.), i sottostimati 40 miliardi di turismo sportivo in buona parte legati ad eventi e poi le occasioni enogastronomiche, i concerti outdoor, le feste popolari e folkloristiche (centinaia e centinaia di edizioni di palio, carnevale, feste patronali, mostre mercato e rassegne alla LuccaComics&Games). Non saranno 200 miliardi ma… andiamo tanto lontano? L’11% del PIL, spalmato in varie voci (ricettività alberghiera ed extra-alberghiera, commercio, trasporti, ristorazione, cultura, sport, intrattenimenti vari, tassa di soggiorno, parcheggi autobus ed auto, bar, sigarette, guide, tickets ingressi musei e monumenti, etc). Senza cadere nell’errore della “perdita secca” da contabilizzare nella consueta logica del PIL perduto visto che serve considerare quella parte di mercato domestico che potrà vedere destinare le risorse in modalità differenti dall’obiettivo evento in altre forme di consumi, investimenti o semplicemente rimandata al 2021 (matrimoni e concerti).
Ma il turismo non aspetta e per il 2020: “No motivation? No destination!” e la perdita è certa.
Nel prossimo articolo tratteremo dell’organizzatore degli eventi che in Italia assume i connotati di un “folle” in un paese dalla burocrazia, che definire complicata rappresenta un eccesso di galanteria. In un periodo di attesa poiché, sia inteso, il distanziamento fisico e le lente riaperture saranno determinanti per i riflessi turistici e commerciali a valere nel medio periodo. Aprirsi ad eventi fino a 1000 partecipanti sarà oggetto di valutazione come per le riaperture delle strutture ricettive che coprono costi e guadagnano solo in presenza della quantità.
Grazie per l’attenzione e per esservi fatti rapire un po’ per riflettere insieme sul mondo tangibile degli eventi in Italia.
Andrea Maggini
Consulente management turistico
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