La ricerca dello sviluppo, Multinazionali e Professionisti in contrasto?
All’inizio della mia attività di agente assicurativo, durante un master in una prestigiosa università pisana, conobbi un dirigente di una Compagnia che, già allora, era a capo di un “Ufficio studi” che aveva come focus quello di trovare un punto di mediazione ideale tra lo sviluppo utile alle compagnie mandanti per soddisfare gli azionisti, il mercato e la crescita necessaria alle Agenzie per rimanere protagoniste del settore e quindi, a loro volta, sostenere le Compagnie stesse.
Un principio che, per quanto possa sembrare arzigogolato, è e deve rimanere un punto fondamentale del mercato assicurativo e bancario.
Assistiamo invece a molte divagazioni sul tema da questa linea sottile, abbiamo visto avvicinarsi Poste Italiane ad un’entrata frontale sul mercato della RCA, addirittura in partnership con i più grandi gruppi assicurativi italiani e, notizia di questi giorni, vediamo il CEO di una delle più grandi compagnie assicurative presenti sul mercato internazionale fare accordi con uno dei gestori più importanti del mercato dell’elettricità per andare a “realizzare sinergie tra gruppi complementari nel business per perseguire il comune interesse di servire al meglio il target delle famiglie e rafforzare le reciproche reti distributive con un’offerta più completa”; in sostanza vendere polizze assicurative in bolletta.
Ci risiamo. Non si perde occasione per trovare un escamotage per dribblare i professionisti del settore.
Già tempo fa riflettei sul fatto che noi agenti imprenditori ci troviamo di fronte ad un bivio: creare un supermercato dove si vendono anche polizze (oltre a elettricità, noleggio auto a lungo termine, ecc.) oppure essere il punto di riferimento professionale di un unico settore, dove la competenza e il servizio la fanno da padrone?
Se ascoltiamo il nostro cuore e, soprattutto, i guru del marketing, ci viene detto che la competenza e la specializzazione sono vincenti.
Se ho un malessere infatti, ormai il medico curante mi manda direttamente dallo specialista di turno; come quando voglio mangiare qualcosa di particolare, cercherò uno chef specializzato in quella cucina, anzi il più bravo ad eccellere.
Perché non accade questo anche nel nostro settore? E soprattutto, mi sapete spiegare qual è la lungimiranza dei manager che per raggiungere numeri esplosivi nel breve, rinunciano alle competenze e alla professionalità specifiche del settore, mettendone a rischio il futuro, non solo nostro?
E ancora, siamo sicuri che il consumatore voglia realmente avere un unico fornitore/punto di riferimento oppure non si senta più tutelato a scegliere a chi rivolgersi per le sue diverse necessità?
Io sono scettico, ma allo stesso tempo affronto questi cambiamenti con la solita e solida certezza di fondo; la fiducia e l’empatia con il cliente sono “roba mia” e non credo che alcun big data possa sostituirla, magari potrà affiancarla e supportarla, ma non eliminarla.
Questo uno dei tanti temi di cui anche le associazioni di categoria, e quelle più rappresentative come Confcommercio già lo stanno facendo, dovranno nel breve affrontare, con l’obiettivo di valorizzare le eccellenze e minimizzare il rischio che il mercato della grande distribuzione prenda il sopravvento anche in un segmento fatto di competenza, formazione continua ed estrema fiducia.
Stefano Maestri Accesi
Agente Assicurativo
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