Un nuovo adempimento: l’esterometro

Con il 30 aprile 2019 aprile debutta il c.d. esterometro. Si tratta del nuovo adempimento disciplinato dall’articolo 1 comma 3-bis, D.Lgs. 127/2015 e dal provvedimento attuativo n. 89757/2018 dell’Agenzia delle Entrate con le relative specifiche tecniche.
Il nuovo adempimento, infatti, altro non è che lo spesometro circoscritto però alle sole operazioni da/per l’estero o – più precisamente – a quelle con controparti non residenti/stabilite.
Attualmente la norma (comma 3-bis, D.Lgs. 127/2015) prevede un adempimento a periodicità mensile (ben 12 adempimenti) con presentazione entro la fine del mese successivo. Si tratta di una scadenza indubbiamente critica in particolare per la gestione del ciclo passivo. Infatti, tanto nelle amministrazioni delle aziende meno strutturate, quanto negli studi professionali, la presenza di acquisti da non residenti (si pensi a quelli effettuati via internet) viene spesso intercettata attraverso l’analisi degli estratti conto di banca e carte di credito che non sempre sono così velocemente disponibili e che comunque richiedono continui contatti con l’assistito. L’auspicio è che non solo la periodicità, ma anche la scadenza vengano riviste; a tal riguardo nei giorni scorsi è circolata la notizia che prospetta l’introduzione quantomeno della periodicità trimestrale.
La norma prevede l’inserimento in base alla data di emissione le fatture attive e a quella di ricezione o, come meglio precisato nel provvedimento attuativo, di registrazione per quelle passive. Peraltro, così come nello spesometro, la data di registrazione rappresenta, limitatamente alle fatture passive, uno dei dati richiesti.
È il caso di ricordare infatti che spesso, in particolare negli acquisti intra o comunque da fornitore UE, la fattura in reverse charge va annotata, previa integrazione, entro il 15 del mese successivo alla ricezione e con riferimento al mese di ricezione della stessa (vedi articolo 47, D.L. 331/1993) e, nell’eventualità di mancato arrivo entro il secondo mese dall’effettuazione, l’annotazione transita per l’autofattura ex articolo 46. comma 5, D.L. 331/1993 da effettuare entro il 15 del terzo mese con imputazione al mese precedente; ancora più stringenti i termini quando il fornitore è extracomunitario e, a fronte dell’operazione territoriale, scatta l’obbligo di autofattura ex articolo 17, comma 2, D.P.R. 633/1972 al più tardi entro il 15 del mese successivo al momento di effettuazione (cfr. articolo 21, comma 4, D.P.R. 633/1972) e con annotazione retro imputata al mese di effettuazione (cfr. articolo 23, comma 1, D.P.R. 633/1972).
Va anche osservato che dette tempistiche riguardano l’annotazione della posta a debito dell’acquisto in reverse (quella che va in VJ della dichiarazione annuale IVA) mentre lato detrazione le tempistiche sono quelle ordinarie dell’annotazione (articolo 25, D.P.R. 633/1972) entro il termine di liquidazione del periodo in cui viene esercitato il diritto alla detrazione (va da sé, però, che nel caso di disallineamento scatta il versamento dell’lVA).

I soggetti obbligati all’esterometro sono individuati dall’articolo 1, comma 3-bis, D.Lgs. 127/2015 attraverso il rinvio agli stessi soggetti del comma 3, ossia a quelli obbligati alla fatturazione elettronica. In tal senso sono quindi obbligati i soggetti passivi IVA residenti o stabiliti nel territorio dello Stato, con esclusione di minimi (regime di vantaggio), forfettari e dei soggetti che applicano il regime della L. 398/1991 con proventi fino a 65.000 euro, nonché dei soggetti non stabiliti ancorché identificati in Italia. Letteralmente il citato comma 3-bis non dispensa anche gli operatori sanitari peri quali vige nel 2019 il divieto (e non l’esonero) di emissione della fattura elettronica (articolo 10-bis.D.L. 119/2018 e articolo 9-bis. comma 2, D.L. 135/2018) né gli agricoltori in regime di esonero (esonerati “tout court”, invece, dallo spesometro 2018 per effetto dell’articolo 11, comma 2-quater, D.L. 87/2018). Per gli enti non commerciali con la doppia veste (istituzionale e commerciale) l’adempimento dovrebbe valere come in passato solo con riguardo alle operazioni della sfera commerciale o (eventualmente) promiscui. La norma (articolo 1, comma 3-bis, D.Lgs. 127/2015) esclude dal nuovo obbligo le operazioni per le quali è stata emessa una bolletta doganale e quelle per le quali siano state emesse o ricevute fatture elettroniche secondo le modalità del comma 3. Nessun obbligo comunicativo quindi (a differenza dello spesometro) per le importazioni documentate da bolletta doganale e, in linea di principio, anche per le esportazioni con l’accortezza però che letteralmente la norma parla di bolletta “emessa”. Ciò alimenta qualche dubbio circa il fatto che possa essere esclusa una fattura anticipata (ad esempio per incasso di un acconto) a cui segua l’esportazione a distanza di mesi. Dubbio che risulta assorbito per il fornitore residente che sceglie di emettere comunque fattura elettronica Sdì anche verso i clienti esteri con l’accorgimento di indicare il codice destinatario “XXXXXXX” (oppure “0000000” quando il non stabilito ha partita IVA IT in quanto identificato, oppure verso i soggetti di Livigno e Campione d’Italia privi di partita IVA ma dotati di codice fiscale italiano) e fermo restando l’obbligo di consegnare copia cartacea al cliente. In tal caso infatti (per le sole fatture emesse) il provvedimento del 30 aprile 2018 prevede il benefici odell’esonero dall’esterometro. È invece confermata l’esclusione per le operazioni verso i viaggiatori extra UE (articolo 38-quater, D.P.R. 633/1972) per le quali dal settembre 2018 è in vigore l’obbligo di fatturazione elettronica. Per stabilire quando un’operazione vada o meno comunicata occorre concentrarsi non tanto sulla natura non imponibile, esente o imponibile dell’operazione, quanto piuttosto sul luogo di residenza/stabilimento della controparte. Facciamo alcuni esempi che possono meglio chiarire il concetto. Si presenta l’esterometro (salva ipotesi di fattura elettronica facoltativa) per una cessione intracomunitaria non imponibile articolo 41, D.L. 331/1993 verso un operatore UE; l’esterometro va inviato anche se verso detto soggetto si pone in essere una cessione interna con IVA ancorché, nell’eventualità, identificato (ma non stabilito) in Italia. Va invece inviato lo spesometro per una cessione in Stato extra UE non soggetta articolo 7-bis, D.P.R. 633/1972 verso un cliente non stabilito; non va inviato lo spesometro, ma obbligo di fatturazione elettronica, invece, se la medesima operazione viene effettuata verso un residente italiano. Nessun dubbio sul fatto che le forniture eseguite da stabili organizzazioni in Italia verso cessionari/committenti soggetti passivi residenti rimangono escluse dall’esterometro (tanto per il fornitore quanto per il cliente) giacché soggette a obbligo di fatturazione elettronica. Un po’ di attenzione va invece prestata per gli acquisti effettuati presso fornitori non residenti che veicolano la fatturazione attraverso la propria identificazione (diretta o con rappresentante fiscale). Il rischio, infatti, è che (a differenza dello spesometro) non tutti i software “peschino” detti acquisti laddove l’anagrafica sia stata codificata con Id Paese “IT” e la partita IVA italiana del non stabilito, mentre non v’è dubbio sul fatto che anche tali acquisti vadano comunicati.

 

Nessun problema dovrebbe verificarsi invece quando, più propriamente, l’anagrafica sia stata codificata dal cessionario con l’Id Fiscale estero del fornitore in linea con quelle che sarebbero le regole sul luogo di emissione della fattura quando l’operazione risultata territoriale in un Paese (come l’Italia) dove opera il reverse charge (nostro articolo 17 comma 2, D.P.R. 633/1972) e il fornitore non è ivi stabilito (in tal senso risoluzione n. 21/E/2015 e articolo 219-b/s, Direttiva 2006/112/CE). Infine, le eventuali sanzioni per errori da esterometro sono uguali a quelle dello spesometro, ossia 2 euro “per fattura” con tetto massimo di 1.000 euro a trimestre (articolo 1, comma 6, D.Lgs 127/2015).

Dott. Fausto Baggiani

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