Il divieto di licenziamento fissato fino al 31 marzo: una “nota dolente” da affrontare al più presto

Dal prossimo 1° aprile potrebbe non essere più applicabile il divieto di licenziamento per giustificato motivo oggettivo e di licenziamenti collettivi, ma con ogni probabilità sarà prevista un’ulteriore proroga del divieto, in combinato disposto alla prosecuzione della durata degli ammortizzatori sociali emergenziali.

Il divieto di licenziamento è una delle criticità che il nuovo Esecutivo dovrà affrontare con estrema urgenza. Il problema principale non è quando interrompere il divieto ma le conseguenze che ne deriveranno per i tanti lavoratori e le imprese coinvolte, che privi di tutele in materia di politiche attive del lavoro non potranno che fare i conti con le proprie risorse.  Il mercato del lavoro ha necessità che vengano messe in atto azioni serie e mirate ad assicurare il ricollocamento dei lavoratori, impedendo la loro uscita definitiva dal mondo produttivo, prevedendo una contestuale ripartenza dell’economia per le aziende tramite strategie essenziali e di buonsenso.

Dal 17 marzo 2020 a tutt’oggi, il divieto di licenziamento è stata una modalità di procrastinazione della problematica ma adesso è di estrema rilevanza risollevare le sorti di tanti comparti profondamente colpiti dalla crisi pandemica, quali il commercio, i pubblici esercizi, il turismo, lo spettacolo e tanti altri che hanno subito un’importante contrazione del fatturato nell’ultimo anno.

Ad oggi abbiamo assistito ad un “sistema tampone” a più riprese senza una linea definita che potesse giungere a misure soddisfacenti nel mercato del lavoro.

Rimangono confermate quelle misure di flessibilità minima, insufficienti, che escludono il divieto di licenziamento quali la successione negli appalti o il trasferimento o ramo d’azienda. Il divieto non può essere applicato, inoltre, nei casi di cessazione dell’attività aziendale, liquidazione e fallimento.

Nulla vieta la previsione della possibilità di risolvere i rapporti di lavoro attraverso la sottoscrizione di un accordo sindacale al fine del raggiungimento di un accordo incentivante mirato al riconoscimento del trattamento della disoccupazione, dietro adesione dei lavoratori.
A fine marzo tutti gli operatori del sistema economico saranno chiamati a “presentare il conto” degli effetti della crisi che li ha colpiti duramente.
Di particolar rilievo è che il termine del divieto di licenziamento coincide con la ripresa del turismo stagionale e questo coinvolge ancor più da vicino gli operatori economici del settore.

In attesa che il Governo sciolga la prognosi sull’operatività da seguire in materia, è essenziale che una pianificazione di impiego venga data a tutte le aziende ed a tutti i loro lavoratori mediante politiche di reimpiego, incentivi occupazionali interessanti e politiche formative adeguabili al contesto storico in cui stiamo vivendo.

Annalisa Cammellini
Consulente del lavoro

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Il divieto di licenziamento fissato fino al 31 marzo: una “nota dolente” da affrontare al più presto

Dal prossimo 1° aprile potrebbe non essere più applicabile il divieto di licenziamento per giustificato motivo oggettivo e di licenziamenti collettivi, ma con ogni probabilità sarà prevista un’ulteriore proroga del divieto, in combinato disposto alla prosecuzione della durata degli ammortizzatori sociali emergenziali.

Il divieto di licenziamento è una delle criticità che il nuovo Esecutivo dovrà affrontare con estrema urgenza. Il problema principale non è quando interrompere il divieto ma le conseguenze che ne deriveranno per i tanti lavoratori e le imprese coinvolte, che privi di tutele in materia di politiche attive del lavoro non potranno che fare i conti con le proprie risorse.  Il mercato del lavoro ha necessità che vengano messe in atto azioni serie e mirate ad assicurare il ricollocamento dei lavoratori, impedendo la loro uscita definitiva dal mondo produttivo, prevedendo una contestuale ripartenza dell’economia per le aziende tramite strategie essenziali e di buonsenso.

Dal 17 marzo 2020 a tutt’oggi, il divieto di licenziamento è stata una modalità di procrastinazione della problematica ma adesso è di estrema rilevanza risollevare le sorti di tanti comparti profondamente colpiti dalla crisi pandemica, quali il commercio, i pubblici esercizi, il turismo, lo spettacolo e tanti altri che hanno subito un’importante contrazione del fatturato nell’ultimo anno.

Ad oggi abbiamo assistito ad un “sistema tampone” a più riprese senza una linea definita che potesse giungere a misure soddisfacenti nel mercato del lavoro.

Rimangono confermate quelle misure di flessibilità minima, insufficienti, che escludono il divieto di licenziamento quali la successione negli appalti o il trasferimento o ramo d’azienda. Il divieto non può essere applicato, inoltre, nei casi di cessazione dell’attività aziendale, liquidazione e fallimento.

Nulla vieta la previsione della possibilità di risolvere i rapporti di lavoro attraverso la sottoscrizione di un accordo sindacale al fine del raggiungimento di un accordo incentivante mirato al riconoscimento del trattamento della disoccupazione, dietro adesione dei lavoratori.

A fine marzo tutti gli operatori del sistema economico saranno chiamati a “presentare il conto” degli effetti della crisi che li ha colpiti duramente.

Di particolar rilievo è che il termine del divieto di licenziamento coincide con la ripresa del turismo stagionale e questo coinvolge ancor più da vicino gli operatori economici del settore.

In attesa che il Governo sciolga la prognosi sull’operatività da seguire in materia, è essenziale che una pianificazione di impiego venga data a tutte le aziende ed a tutti i loro lavoratori mediante politiche di reimpiego, incentivi occupazionali interessanti e politiche formative adeguabili al contesto storico in cui stiamo vivendo.

 

Annalisa Cammellini
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